domenica 2 aprile 2023

02/04/23 DOMENICA DELLE PALME MESSA DEL GIORNO

Nella Chiesa antica, questa era l’ultima domenica di Quaresima che concludeva il periodo di preparazione al Battesimo dei catecumeni, cioè di quei pagani che si erano convertiti, avevano chiesto di diventare cristiani e si erano sottoposti a un lungo cammino di catechesi e di verifica spirituale e 

morale. E in questa occasione si compiva un rito particolarissimo chiamato traditio symboli: veniva loro consegnato (in latino il verbo consegnare è tràdere, da cui traditio) il simbolo della fede, cioè il Credo, la sintesi di tutta la fede cristiana. Quando poi l’ultima domenica di Quaresima divenne il primo giorno della settimana santa, la domenica delle Palme, questo rito venne anticipato al sabato, tanto è vero che ieri, nella nostra liturgia ambrosiana, era il sabato detto in traditione symboli, e si cominciò ad usare il colore liturgico rosso che accompagna tutta la settimana, dove il rosso diventa il simbolo di una fede ardente e convinta. Il Credo veniva consegnato ai catecumeni perché lo imparassero a memoria e, otto giorni dopo, durante la veglia pasquale, prima di essere battezzati, avveniva il rito inverso, la redditio symboli, cioè la restituzione del simbolo, ovvero recitavano il Credo per dimostrare di avere appreso le verità della fede cristiana che poi erano chiamati a vivere. Ecco, per noi che il Battesimo lo abbiamo ricevuto da piccoli, che cristiani già lo siamo perché siamo nati e cresciuti in Italia da famiglie a loro volta cristiane, la Quaresima è diventato il tempo per chiederci: ma io sono cristiano per tradizione o per convinzione? Quella fede che ho ricevuto e che proclamo quando dico il Credo, l’ho fatta mia, è penetrata dentro di me, cambia il mio modo di pensare e di vivere, oppure no? Che ne ho fatto del mio Battesimo? Sto risorgendo, cioè sto diventando una nuova creatura a immagine di Cristo, lasciandomi guidare dallo Spirito? Se credo in un Dio che è Padre, Figlio e Spirito santo, scelgo, di fatto, di lasciarmi guidare dallo Spirito per vivere come il Figlio Gesù amando gli altri come fratelli? Credo che vivendo così io sono già risorto adesso e la mia vita non finisce nella tomba? Sento la Chiesa come popolo a cui appartengo, o vivo la mia vita cristiana in modo isolato? Desidero arrivare a Pasqua per risorgere con Cristo una vita veramente nuova? E qui, vedete, le letture della liturgia di questa messa ci offrono molti spunti che possono essere di grande aiuto. Letture diverse da quelle lette nelle messe con la processione con gli ulivi di stamattina dove c’era il vangelo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Nelle altre messe, come questa, viene invece proclamato, come vangelo, il seguito di quello di domenica scorsa. Gesù si trova a Betania, dopo la risurrezione di Lazzaro, sei giorni prima della Pasqua ebraica, che quell’anno cadeva in sabato (quello che per noi è il sabato santo). Il giorno dopo sarebbe entrato a Gerusalemme. La sera prima, invece, l’evangelista Giovanni descrive il momento della cena che si fece in onore di Lazzaro, che, in realtà, è la cena eucaristica, come le nostre eucaristie, nelle quali sono presenti anche i defunti, i quali sono vivi, risorti, come Lazzaro e, con noi, rendono grazie al Dio della vita. E, sebbene il cuore di questo racconto sia il gesto profetico di Maria che versa sui piedi del Signore una grande quantità di balsamo profumato, presagio della sua prossima sepoltura, è proprio sulla figura di Lazzaro che la scelta della proclamazione di questo vangelo vuole farci concentrare per indicarci la giusta disposizione con la quale vivere i prossimi giorni. Lazzaro è l’unico personaggio che non parla, non agisce, non versa profumo come Maria, non si mette a servire come Marta: non fa nulla. Può solo contemplare in silenzio le meraviglie che il Signore ha operato in lui. Questo particolare ci stimola a vivere i prossimi giorni con una sorta di “cristiana passività”, che non significa inerzia, apatia, pigrizia, ma si tratta della disponibilità a lasciare che sia il Signore, col suo Spirito, ad agire dentro di noi, ricreandoci, risuscitandoci, proprio come ha fatto con Lazzaro. E questo può accadere se fisseremo il nostro sguardo su Gesù nell’ottica che viene suggerita dalla lunga pagina del profeta Isaia. Per due volte, nella settimana santa, oggi e venerdì pomeriggio, durante la celebrazione della passione del Signore, la liturgia ambrosiana ci fa ascoltare questa lettura dove il profeta descrive, molti anni prima di Cristo, la vicenda di questo misterioso personaggio, un uomo dei dolori che ben conosce il patire, che ha incredibili coincidenze con quanto poi accadde a Gesù con la sua passione, morte e risurrezione. Per le sue piaghe siamo stati guariti. E’ un invito a guardare dentro il cuore di Gesù che rivela il volto di un Dio che prende su di sé tutto il nostro male senza restituircelo, ma donandoci il suo Spirito d’amore capace di guarire il nostro egoismo, la nostra tristezza, il nostro male. Capace cioè di farci risorgere. Ma per risorgere, prima bisogna che muoia il nostro io ingombrante che ci impedisce di vedere la realtà, anche il peccato, la sofferenza e la morte, con gli occhi di Dio, come occasioni non per disperarci, ma, appunto, per risorgere. Ecco perché uno dei modi più belli nei quali riscoprire tutto questo è il sacramento della riconciliazione che, nei prossimi giorni, vale la pena vivere con calma e distensione. Non come precetto, dovere o dazio da pagare, ma al contrario, come momento personale anzitutto per rispondere alle domande che ricordavo all’inizio, quelle legate alla verifica del nostro cammino di fede, e per riscoprire la verità del credo che ci è stato consegnato, che è proprio la fede in un Dio unicamente buono il cui potere è precisamente quello di fare risorgere chi si affida a lui, cioè di renderci nuove creature, se glielo permettiamo.