domenica 29 marzo 2015

DOMENICA DELLE PALME MESSA DEL GIORNO

La casa di Betania che domenica scorsa puzzava da quattro giorni per la morte di Lazzaro, oggi si riempie della fragranza del profumo di nardo che Maria versa in abbondanza sui piedi di Gesù. La stessa scena narrata dagli altri vangeli vede protagoniste altre donne che non sono Maria, ma il risultato è lo stesso: in Luca si svolge in casa di Simone il fariseo che cri*cava Gesù e in Marco e
Matteo si svolge in casa di un lebbroso, ma sempre a Betania. Betania vuol dire “la casa del povero”. È la nostra casa dove abita la lebbra, la morte, il dolore, l’egoismo. Vuol dire che il Signore con la sua Passione che celebriamo nei prossimi giorni di questa settimana santa, entra nella nostra casa di poveri, entra addirittura nella nostra morte che è la casa dove tutti staremo alla fine, vi entra col profumo del suo amore per tirarci fuori. Ma perché proprio un prezioso unguento profumato? Perché il profumo di sua natura si dona, non si nega a nessuno, è piacevole, lo avverti anche nelle tenebre, è presenza, è gioia, è dono, e dunque è il simbolo di Dio. Gesù si identifica con questo profumo. Maria ne spreca una quantità industriale. Perché? Perché dopo la risurrezione di Lazzaro ha capito che è davvero industriale la quantità di amore che Dio ha per noi e lo ripaga con lo stesso amore. Se io capisco quanto Dio ama me, io divento come Maria, lo amo dello stesso amore. E amarlo dello stesso amore significa concretamente due cose. Anzitutto diventare come Marta che serviva a tavola.
Anche lei è risorta come Maria: ama come Gesù che è venuto non per essere servito, ma per servire. Infatti nel vangelo che si leggerà domani nella messa con la processione, Gesù si identifica non più col profumo, ma con un asino. E significa diventare come Lazzaro, del quale si dice semplicemente che era seduto a tavola con Gesù. Era la cena fatta per festeggiare la sua risurrezione, e anche questa è un'immagine che rimanda ad ogni cena eucaristica dove noi ci troviamo a festeggiare la risurrezione di Gesù e la nostra, per poter vivere da risorti, e vivere da risorti vuol dire tutto questo, diventare come Gesù, amare come Dio. Se ragioniamo come Giuda, l’amore di Dio ci appare uno spreco. Anche Giuda era presente al banchetto, ma non per amore, bensì per il suo tornaconto. Il suo ragionamento era semplice. Stavano andando a Gerusalemme, lui sperava che Gesù li avrebbe guida* per fare la rivoluzione e quindi avrebbe volentieri fatto elargizioni ai poveri non perché gli importava di loro, ma per avere il loro favore. Ed era ladro, e il ladro è chi si impadronisce dei doni che Dio ha fatto a tutti per averli per se, il contrario dell'amore che invece dona e si fa servizio. Insomma, Giuda, come spesso noi, non ha capito niente, e infatti lo tradirà, come Pietro e tutti gli altri, perché finché non riusciamo a sentire la fragranza del profumo dell'amore di Dio, continueremo a ritenere il troppo amore uno spreco. Anche noi pensiamo che sia amore sprecato quello che doniamo a chi giudichiamo che non lo meriti. Perché? Perché dimentichiamo che Dio ci ama proprio perché non lo meritiamo. I poveri li avrete sempre con voi. Sono i poveri a salvare noi perché ogni volta che avremo fatto qualcosa a un nostro fratello lo avremo fatto a Gesù, ed è questo amore per loro che ci salva. Non sempre avrete me, perché certo che il Signore è sempre con noi nel volto del fratello che incontriamo, ma in quel momento è lui il povero che sta andando a dare la vita per noi che siamo tutti poveri, perché puzziamo di morte e di egoismo, e allora è solo comprendendo l'amore che Dio ha per me e amandolo che poi posso davvero amare i poveri. Lascia che lo conservi per il giorno della mia sepoltura, dice a Giuda. Una frase strana, perché di fatto ormai quel profumo lo aveva già usato tutto, cosa c'è da conservare? Invece no. Il profumo dell'amore lo si conserva non tenendolo nella boccetta, ma spargendolo, altrimenti a che serve? E se lo si sparge, il giorno della sua sepoltura non servirà più, infati le donne quando il mattino di Pasqua andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù non lo troveranno, perché Gesù era risorto, e Gesù è già vivo è risorto adesso se anch'io vivo da risorto spargendo il suo profumo. Isaia nella lettura di oggi parla di un uomo sfigurato, disprezzato, reietto dagli altri uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, agnello condotto al macello, pecora muta davanti ai suoi tosatori, che sembra castigato da Dio e che ci guarisce con le sue piaghe, e per gli evangelisti è stato facile identificare questa figura in Gesù.
Perché le piaghe di Gesù del venerdì santo ci guariscono e da cosa ci guariscono facendoci dunque risorgere? Ci guariscono dal peccato perché il peccato è non credere nell'amore di Dio e quindi vivere non nel profumo dell'amore, ma nella puzza dei nostri egoismi. Gesù nella passione e morte in croce ci guarisce dal peccato perché ci fa vedere che anche di fronte al peccato più grave, quello di uccidere il figlio di Dio, Dio continua ad amarci col profumo del suo perdono. Questo è Dio, non un altro, e questo è il Dio che celebriamo in ogni eucaristia e che contempleremo nelle solenni celebrazioni dei prossimi giorni. Facciamo dunque nostro l'invito della leteera agli ebrei a tenere fisso lo sguardo su Gesù.