domenica 8 marzo 2015

III DOMENICA DI QUARESIMA ANNO B

Non potendo, soprattutto in queste domeniche di Qua resima che ci presentano brani così belli, ricchi, ma molto lunghi, commentare e spiegare bene nei dettag li le letture come cerco invece di fare ogni sabato pomeriggio con quelli che vengono all’incontro in p reparazione alla messa, mi limito a cercare di individuare il tema o i temi principali che affiora no da questi testi, e parto dal vangelo nel
quale v engono ripetute più volte tre parole: verità, libertà e pa dre. Gesù per 12 volte ripete la parola verità e di ce in sostanza questo: io sono venuto a dirvi la verità u dita da Dio, e se la ascoltate diventerete liberi. E qual è questa verità? Che Dio è Padre e noi siamo suoi fig li. Per 13 volte ripete
la parola Padre. Se io non accetto questa verità non ho Dio come padre, ma il diavolo, e vivo male la vita per colpa di una menzogna. Pen so che Dio sia cattivo, che voglia il mio male, che de vo conquistarmi il suo amore, e quindi vivo nell’an goscia il rapporto con Dio perché non mi sento amato da lui, ho paura perché mi castiga per le mie malefatte in questa vita e mi manda all’inferno dopo la morte. È l’idea di Dio che gli ebrei si erano fatti, come a bbiamo letto nel brano dell’esodo. Dio aveva appena dato i comandamenti che abbiamo letto domenica scorsa. E allora Israele, invece di intendere i comandamenti come un dono d’amore fatto da Dio per vivere nell’amore, li aveva intesi come un carico da porta re, e preferivano un Dio diverso, come noi, un Dio che li faceva vincere sui nemici e li rendeva numerosi, e così si erano costruiti degli idoli come avevano gl i altri popoli, tori e vitelli da adorare, che erano simbol i di forza e di fertilità. Trasgrediscono così il p rimo comandamento, quello di non costruirsi degli dei al posto del vero Dio. E quando Mosè, lo abbiamo lett o, li mette di fronte al loro peccato, pensano che l’ira di Dio voglia scatenarsi su di loro per punirli, e così Mosè supplica il Signore di ricordarsi delle sue promess e di amore e fedeltà che aveva fatto ad Abramo, addirittura ricordando al Signore che se non le ave sse mantenute avrebbe fatto una figuraccia davanti agli egiziani che avrebbero detto: bel Dio questo qui ch e li libera da noi e poi li uccide nel deserto. Ecc o la menzogna. Gesù ci libera da questa menzogna facendo vedere che Dio mantiene questa promessa col suo perdono appunto perché è Padre e vuole la vita, non la morte, dei suoi figli, e dunque la sua ira è co ntro quel diabolico male che ci fa credere il contrario, e questa ira Dio la scatena sulla croce distruggen do questa menzogna perché sulla croce perdona tutti e ci rend e liberi. Liberi si diventa, dice Gesù, se non si è più schiavi di questa diabolica menzogna. E si diventa liberi di amare come Dio appunto perché ci sente am ati da lui, capisco che tutti siamo fatti a sua immagin e e divento a mia volta capace di amare, libero di amare. La verità vi farà liberi. Se ho come padre il diavo lo che mi fa credere che Dio è geloso, invidioso, r ivale, che ci vieta ciò che è bello, buono e piacevole, un Dio antagonista e padrone che domina, allora anch’io v oglio essere come lui e divento come questo Dio che mi so no immaginato: non mi sento accettato, non mi sento amato e quindi sono schiavo di questa immagine sbag liata di me e la riverso poi su tutti gli altri. E questa è la menzogna originaria che si chiama “peccato origi nale” che sta alla radice dei nostri mali: non aver e un’immagine vera di Dio e che mi porta a non essere libero. Inoltre, e qui ci viene in aiuto la pagina di san Paolo, questa menzogna mi porta ad angosciarmi in m ezzo alle tribolazioni e di fronte alla morte. Paol o ha paura che i tessalonicesi, per via delle persecuzio ni che stavano subendo, stessero perdendo la fede, e invece scopre che non è così, e si sente consolato. Certo, perché le tante prove che la vita ci riserv a non sono segno che Dio ci ha abbandonati, perché Gesù p er primo ha patito ed è morto sulla croce, e quindi sono il segno che Dio è con noi e ci aiuta a portar le. Inoltre, se Dio è colui che ci ha dato la vita ed è padre, se ce la togliesse sarebbe un criminale, e infatti Cristo risorge, per cui la fede è credere questo, è essere liberati non dal dolore e dalla morte, ma dalla pau ra e dall’angoscia di fronte al dolore e alla morte , perché la morte è la fine di ogni male e diventa l’ingress o definitivo ed eterno nella gioia di Dio. Purtropp o anche noi come gli israeliti siamo un popolo dalla dura c ervice, dalla testa dura, e fatichiamo a convertire il nostro modo di pensare, e di conseguenza anche il nostro c uore diventa di pietra e ci roviniamo da soli. Chie diamo allora al Signore che davvero questa parola penetri dentro di noi e ci aiuti in questo cammino di conversione. ESODO Dopo aver dato i comandamenti che abbiamo letto, ec co davanti a questo dono il popolo cosa fa? Commette quel peccato capitale che macchierà tutta la sua storia, e anche la nostra: l’idolatria. Vien e violato il primo comandamento: io sono il Signore, l’unico, e non ti farai altri dei. Gli israeliti si abbandonano al fascino dei culti delle altre popola zioni e si costruiscono statue come vitelli e tori che erano simboli di forza e di fertilità, come per dire: noi abbiamo bisogno che Dio ci dia la forza di vincere i nostri avversari e ci renda un popolo numeroso. Insomma, l ’idea diabolica e perversa di un Dio mago a nostra disposizione che ci faccia vincere al lotto, ci pre servi dal male e ci liberi da ogni problema. Che è l’idea di Dio che abbiamo spesso anche noi. Ecco allora che nel b rano di oggi si descrive l’ira di Dio che vorrebbe distruggere il suo popolo ribelle: è un popolo dall a testa dura e ora voglio che la mia ira lo divori. Al che Mosè cosa fa? Cerca di addolcire il Signore interce dendo per il suo popolo e usa come argomenti quello di ricordarsi della sua promessa di un amore indistrut tibile che neanche il peccato più grave può elimina re e poi ne aggiunge un altro: cerca di difendere l’onor e di Dio presso gli egiziani che, se vedessero Isra ele sterminato nel deserto, crederebbero che il Dio d’I sraele è inesistente e crudele, incapace di salvare il suo popolo: “Li ha fatti uscire con malizia, per uccide rli sui monti”. Mosè riesce, così, a convincere Dio di non applicare la sua rigorosa giustizia e s’avvia verso l’accampamento in festa. TESSALONICESI Paolo desidera ardentemente vedere i tessalonicesi per confortarli nella fede, non perché gli sia util e, ma perché ha paura che loro cadano: l’amore è questo, che loro stiano in piedi, non è un amore possessivo . La sua preoccupazione, siccome sono perseguitati, è ch e leggano male le persecuzioni, invece che come un’opportunità, come un fallimento. Lui vuole amarl i come Dio ama lui e ama ciascuno di noi.