Mi lascio guidare per spiegare questo salmo dal com
mento che ne fece il cardinal Martini in una delle
sue
prime scuole della Parola. Ovviamente egli ne parlò
in sette incontri, noi qui dobbiamo limitarci a di
re
qualche cosa, anche perché il salmo 50, oltre ad es
sere molto lungo, è anche di una ricchezza inesauri
bile e
nella storia è stato fonte di ispirazione per santi
, poeti, musicisti, romanzieri,
oltre ad essere il salmo che è ha accompagnato le preghiere, le lacrime, le soffer enze di tanti uomini
oltre ad essere il salmo che è ha accompagnato le preghiere, le lacrime, le soffer enze di tanti uomini
e di tante donne che vi hanno
trovato conforto e chiarezza nei momenti oscuri e p
esanti della loro vita.
Rileggiamo i primi versetti: Pietà di me, o Dio, se
condo la tua misericordia; nel tuo grande amore can
cella il
mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami
dal mio peccato. In realtà la traduzione esatta
sarebbe: cancella la mia ribellione, lavami da ogni
mia disarmonia, "tirami fuori" da ogni mio smarrim
ento.
Ecco cos’è il peccato: uno sbaglio fondamentale del
l'uomo, una distorsione, una disarmonia, una ribell
ione,
una volontà di progetto alternativo e contrastante
il progetto di Dio. Uno sbagliare bersaglio. Ma dav
anti al
peccato ecco che Dio si presenta come colui che ha
pietà, misericordia e amore. Pietà di me o Dio, che
vuol
dire fammi grazia. Dio è colui che di fronte a chi
ha peccato si interessa. E’ misericordia, ma in ebr
aico la
traduzione sarebbe gentilezza. Noi traduciamo quest
o termine con misericordia perché la gentilezza di
Dio
si fa più tenera quando noi siamo deboli, fragili,
peccatori, incostanti, strani, poco attraenti e for
se
pensiamo che Dio fa bene a non ricordarsi di noi, f
arebbe bene a castigarci. Invece no. E poi di Dio s
i dice
che ha grande amore, e in ebraico questo termine si
riferisce al cuore e alle viscere materne. Dio è c
olui che
ci ama come una madre portandoci dentro di sé, imme
desimandosi nella nostra situazione. Ecco chi è Dio
,
e questo emerge solo dal primo versetto. Potremmo g
ià fermarci qui per renderci conto di come spesso
abbiamo di Dio un’idea davvero distorta quando lo p
ensiamo come il castigamatti.
Poi inizia la sezione centrale del salmo che si può
dividere in tre parti. Nella prima c’è il riconosc
imento di
una situazione, quello che potremmo chiamare l’esam
e di coscienza: riconosco la mia colpa, contro di t
e ho
peccato, sei giusto quando parli, mi insegni la sap
ienza. Nella seconda parte la supplica, cioè la ric
hiesta di
perdono: purificami, lavami, fammi sentire gioia, d
istogli lo sguardo, cancella, crea in me, non respi
ngermi,
non privarmi, rendimi la gioia, sostieni in me. Nel
la terza parte i verbi sono al futuro ed esprimono
il
progetto per il futuro, quello che noi chiamiamo il
proposito: insegnerò, la mia lingua esalterà.
In tutto questo ci sono tre soggetti: io che ricono
sco la colpa; il peccato che compio; ma soprattutto
Dio che
nell’animo mi insegna la sapienza.
Importante questa cosa: io riconosco la colpa perch
é il Signore nell’intimo mi insegna la sapienza. La
sapienza di Dio mi porta a guardare dentro di me, è
luce che mi illumina, che mi fa vedere chi sono e
chi
devo diventare, e quindi mi porta ad essere sincero
con me stesso, a non giustificarmi. « Contro di te
,
contro te solo ho peccato». Ho fatto ciò che non va
davanti a te. A prima vista ci appare strana quest
a
espressione perché questo salmo è ritenuto storicam
ente l’emblema della vicenda del re Davide che
mentre i suoi soldati sono in guerra, siccome si an
noiava, non contento delle donne che già aveva, dop
o
essere andato insieme a Betsabea, la moglie di un s
oldato, quando scopre che lei era incinta, per non
essere scoperto, voleva che Uria, il marito di lei,
che Davide fece apposta tornare a casa, passasse l
a notte
con la moglie, e di fronte al suo rifiuto, Davide d
a ordine che venisse ucciso in battaglia, e così po
i, alla sua
morte, prende con sé Betsabea. Per cui Davide ha pe
ccato non solo contro Dio, ma qui si dice: contro t
e
solo, o Dio, ho peccato. E’ importante questa cosa
perché Dio sta dietro ad ogni uomo, ad ogni persona
che
noi trattiamo male, che inganniamo o disprezziamo.
Ci mettiamo contro Dio tutte le volte che respingia
mo
il fratello o la sorella che ci stanno vicino e che
attendono da noi un gesto di carità o di giustizia
.
Riconoscere questo, e riconoscere l’amore di Dio ch
e perdona, fa in modo che quando pecchiamo non
restiamo soli coi nostri sensi di colpa che ci fann
o sprofondare in depressione, soprattutto quando no
n
riusciamo a rialzarci, ma ci permette di rialzarci
e di invocare il Signore dicendogli: crea in me o D
io un
cuore puro, cioè un cuore nuovo.
Perché « Sei giusto quando parli, retto nel tuo giu
dizio ». Ecco, queste parole ci permettono di entra
re nel
tema del dolore dei peccati.
Ora, se ci pensate, ci sono degli atti, più o meno
gravi, che ciascuno vorrebbe non avere compiuto. Ta
lvolta
ci accorgiamo che non dipendono nemmeno da noi e so
no piuttosto il frutto di precedenti abitudini, di
sorpresa, di inavvertenza. Tuttavia hanno qualche a
spetto di cui interiormente sentiamo di non poterci
vantare. Questa capacità di giudizio su di sé non è
ancora il dolore dei peccati: ne è la premessa. In
fatti non
posso pentirmi se non di qualcosa che insieme è mio
e non va, l'ho fatto e non l'approvo. Se mi scuso
e mi
giustifico, in fondo sto dicendo: non è colpa mia,
per cui in fondo non sono pentito, soprattutto quan
do in
fondo credo che quello che magari la tradizione e l
a dottrina dicono che è sbagliato, interiormente se
nto
che è giusto. Allora che fare? In qualche modo lo a
bbiamo già detto. Dire che Dio è giusto quando parl
a e
retto nel suo giudizio non vuol dire che Dio è il g
iudice imparziale che tra Uria e Davide dà torto a
Davide e
lo condanna senza appello. No, Dio non è giudice, è
parte lesa. Dio, che è il principio di ogni fedelt
à e di
ogni amore, è stato leso mortalmente da Davide. Per
questo rimprovera Davide perché vuole la sua vita
e
non la sua morte, e infatti lo vuole salvare, e all
ora si che Davide accetta il rimprovero e nasce il
pentimento. Pensiamo a Pietro che, dopo aver rinneg
ato Gesù, fino a quel momento aveva una certa
coscienza, anche se un po' annebbiata, di avere fat
to una cosa sbagliata, di essersi disonorato; di av
ere
tradito un amico. Ma è solo quando Gesù lo incontra
e lo guarda che Pietro scoppia in pianto. In quel
momento capisce una cosa sola: io ho rinnegato ques
t'uomo e lui va a morire per me! Il dolore cristian
o
nasce dalla percezione di questo contrasto, nasce d
all'incontro con Colui che, offeso in sé e nel suo
amore
per l'uomo, offre, come contraccambio, uno sguardo
di amicizia.
E ora passiamo alla seconda parte del salmo: Crea i
n me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spiri
to
saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non pr
ivarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di
essere
salvato, sostieni in me un animo generoso. Lo Spiri
to creatore di Dio è capace di far risorgere in me
la gioia.
Nel Sacramento della Riconciliazione noi veniamo ri
creati come nel Battesimo, facciamo esperienza di
quello che ci è accaduto nel Battesimo quando non n
e eravamo consapevoli. Bellissima questa no? Il fru
tto
è un cuore puro e la gioia. È la gioia della salvez
za di Dio che mi accoglie, mi ama e mi salva.
Solo da qui ha senso il nostro proposito. Se Dio mi
ama, se Dio mi perdona, io posso chiedergli: Signo
re,
fammi essere diverso! Desidero, e tu lo sai, essere
altro da ciò che sono stato! Il proposito è possib
ile non
grazie ai miei sforzi, ma all’azione dello Spirito
in me.
Allora gradirai i sacrifici prescritti, l'olocausto
e l'intera oblazione. Insomma, quella che nel sacr
amento della
riconciliazione è la penitenza, e infatti questo sa
cramento si chiama anche penitenza. Confessione per
ché si
confessano i peccati, riconciliazione perché ci si
riconcilia con Dio, ed è il nome più corretto, e in
fatti,
siccome è quello più corretto perché rende meglio d
i tutti il senso della gioia che nasce da questo
sacramento, noi continuiamo a chiamarlo solo confes
sione. Anche la parola penitenza suona male perché
ci
fa pensare al prezzo da pagare. Se così fosse vuol
dire che il perdono non sarebbe gratis, e invece è
gratis.
Sebbene poi certe penitenze siano ridicole, tipo il
classico Pater Ave Gloria, e pericolose, perché fa
nno
passare l’idea della preghiera come se fosse una pe
nitenza, e per molti è una penitenza. Invece è il
contrario. Se io ho capito l’amore di Dio per me ch
e mi perdona qualunque cosa abbia fatto, nasce in m
e la
gioia, abbiamo detto, e conseguentemente il desider
io e la volontà di riparare a quel che ho fatto, gr
azie
alla forza che mi viene da Dio. Questa è la peniten
za, il modo col quale io cerco di convertirmi e cam
minare