Il salterio, cioè il libro della Bibbia nel quale s
i trovano scritti tutti i salmi, è suddiviso in 5 parti, come il
Pentateuco, che sono i primi cinque libri della Bib
bia: vuol dire che i salmi, nell’AT, hanno lo stess
o valore
della Legge da Dio a Mosè. I salmi sono 150. I prim
i due salmi, e noi settimana scorsa abbiamo spiegat
o il
salmo 1, sono il prologo, nel quale si dice, lo dic
evamo venerdì scorso,
che l’uomo beato è colui che
cammina nella legge del Signore, e gli ultimi cinqu
e salmi del salterio, quelli dal 146 al 150, sono i
nvece una
lode a Dio. Vuol dire che l’intero salterio è un li
bro dell'uomo e di Dio, che indica all'uomo la via
della
felicità, affermando che questa si compie nella lod
e di Dio. In ogni caso sono 150 componimenti poetici scritti
in epoche diverse da diversi autori, ma hanno tutti
in
comune il fatto di essere preghiere, di essere le p
arole che hanno retto il dialogo fra Israele e il s
uo Dio.
Sono la risposta di Israele alla parola di Dio, e q
uindi sono una scuola di preghiera: nei salmi c’è t
utta la vita
dell’uomo, nel bene e nel male, messa davanti a Dio
, perché tutta la vita sia vissuta come preghiera,
in
quanto la preghiera è vivere alla presenza di Dio.
La prima parte del libro dei salmi va dal numero 3
al numero 40. Nella liturgia li troviamo nella nume
razione
greca. Nella Bibbia si trovano sempre due numeri, n
oi ci riferiamo a quello inferiore.
Questa prima parte del libro dei salmi è attribuita
a Davide, cioè si ritiene che l’autore sia il re D
avide, ma in
realtà, ma molti sono opere posteriori scritti da m
ani e teste diverse. Ma il riferimento a Davide è
importante perché diventa Davide è simbolo del Mess
ia. Dire che sono preghiere di Davide è come dire c
he
sono preghiere di Cristo, perché Cristo è figlio di
Davide. Che sia Davide a recitare queste preghiere
è
importante, perché è il re messia che pronuncia que
sti testi. Questa prima raccolta contiene molte
suppliche e qualche inno. Tutti i salmi sono compos
izioni poetiche, ci sono inni e suppliche. L’inno è
la lode
(celebrate il Signore perché è buono, un invito all
a lode spiegando il perché), mentre la supplica è u
n
invocazione di aiuto (aiutami Signore). È molto int
eressante che in questa prima parte, il primo inno
che
troviamo è proprio il salmo 8, poi ne troviamo altr
i due, il 18 e il 28. Come mai su 40 salmi gli inni
sono un
po’ qui e un po’ là? E sono pochi? Perché così è la
vita, fatta soprattutto di suppliche. Per esempio,
e così
veniamo al salmo di questa sera, i salmi dal 3 al 1
3 è fatta così: i primi cinque sono preghiere di un
a persona
che si proclama giusta, ma è in difficoltà, persegu
itata, giusta, innocente. I salmi dal 9 al 13 sono
salmi dei
poveri, preghiere che riflettono sulla spiritualità
dei poveri, di chi si trova nella sofferenza e nel
l’angoscia. In
mezzo a queste preghiere di povera gente in brutte
situazioni, compare questo fungo strano del salmo 8
,
che è un inno, una lode, ma non si loda solo Dio, s
i loda l’uomo che è opera di Dio. Cosa vuol dire? C
he
questo povero uomo che soffre e prega con gli altri
salmi, non è un disgraziato, ma uno coronato di gl
oria e
di onore. Se guardo il cielo di notte vedo la luna
e le stelle, come Abramo, a cui il Signore dice: ta
le sarà la
tua discendenza. Abramo aveva il magone, di essere
vecchio e di andarsene senza figli. Guarda il cielo
e il
Signore gli dice: c’è una speranza. E vi faccio not
are un’ultima cosa. Chi è l’uomo, anzi, il figlio d
ell’uomo
che Dio ha coronato di ogni gloria e onore? E’ Gesù
. Vedete? Quello che dicevamo prima parlando del fa
tto
che questi salmi sono attribuiti a Davide. Nei salm
i di questa sezione dove si trova il salmo otto ci
sono
quelli fatti da suppliche e lamenti e c’è questo sa
lmo: vuol dire che si sta parlando di Cristo: quell
o che è
successo a Cristo succede a noi, quello che succede
a noi è successo a Cristo.
Nel luglio del 1969 il beato Paolo VI affidava ad A
mstrong prima che partisse per andare sulla luna il
testo
del salmo 8 perché fosse consegnato negli spazi sid
erali e alle sabbie lunari. Questo salmo, del resto
, è un
canto entusiastico dell’uomo, creatura microscopica
di fronte all’universo, eppure reso da Dio, come
abbiamo letto, poco inferiore agli angeli, dove la
traduzione più corretta è poco inferiore a Dio stes
so. Già
Sofocle, nell’antica grecia, esclamava: Molte sono
le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell’uo
mo.
L’uomo che, ripeto, confrontato con l’universo, è b
en poca cosa, un essere finito, che si ammala, fatt
o di
terra, dalle parole stupende di questo salmo emerge
come oggetto particolare della cura di Dio che, qu
asi
ignorando il resto del cosmo, si ricorda e si cura
dell’uomo con tenerezza, coronandolo di gloria e di
magnificenza, come se fosse un re. È chiamato a dom
inare il creato: l’hai reso signore sull’opera dell
e tue
mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi, i greggi,
le bestie, gli uccelli, i pesci. Ma ecco il punto
che distanzia
questa visione dell’uomo rispetto a quella simile a
d esempio del pensiero del rinascimento, dell’illum
inismo
o dell’ateismo: questo dominio dell’uomo non è meri
to suo, perché l’uomo non si è fatto da se, bensì è
un
dono di Dio. E’ Dio il Signore, l’universo è opera
delle mani di Dio, non dell’uomo. Dio ha come conce
sso
all’uomo di diventare amministratore del creato, no
n di essere padrone, perché non è l’uomo il creator
e di
tutto. Quindi questo salmo è un appello all’uomo pe
rché sappia continuare il progetto di armonia che D
io
ha intessuto nella creazione. E questo progetto di
armonia significa salvaguardia del creato e cura
amorevole nei confronti di ogni creatura. Purtroppo
noi uomini, invece di comportarci come re sapienti
,
spesso la facciamo da padroni diventando folli tira
nni, a tal punto che nel libro di Giobbe c’è un pas
so nel
quale viene fatta quasi un’ironia di questo salmo,
laddove Giobbe dice, guardando alle nefandezze
compiute dagli uomini: ma cos’è mai l’uomo perché t
u, Signore, ne tenga così tanto conto?
E dunque questa è la domanda alla quale vogliamo pr
ovare a rispondere questa sera: cos’è mai Signore
l’uomo perché tu ne tenga conto così tanto?
E credo che una risposta molto eloquente a questa d
omanda c'è la fornisca la pagina di Vangelo che
ascolteremo domenica prossima nel quale Giovanni de
scrive l'accesa discussione tra Gesù e farisei su t
re
temi fondamentali, quello della verità, della liber
tà e della paternità, tre temi che ci aiutano appun
to a
rispondere alla domanda "chi è l'uomo?".
Par>amo dal primo: la verità. Che cos’è la verità?
Chi è l'uomo veramente? Ecco, il Figlio, è venuto a
rivelarci
la verità fondamentale dell’uomo: che l’uomo è figli
o. Nessuno si è faAo da sé, neppure le persone più
importan> si sono faAe da sé. Uno esiste perché un
altro lo ha messo al mondo, e se non accetta di ess
ere
messo al mondo da un altro non è nella verità, ma n
ella menzogna. Non è figlio di un Dio che è padre,
ma è
figlio della menzogna. E le conseguenze sono devast
anti. Se io non mi accetto come figlio, non ho un b
uon
rapporto con Dio, con me stesso, con gli altri, con
la vita e con la morte. Quindi, all’origine dei ma
li, c’è la
non conoscenza della verità di chi è l’uomo; e Gesù
è luce del mondo perché è il Figlio di Dio che è v
enuto a
mostrarci, nella fraternità e nel servizio dei frat
elli, la verità di ogni uomo che ci rende liberi. E
la libertà è
amare come siamo amati. Che, se uno non è amato dal
Padre e odia il Padre, odia sé, odia i fratelli. Q
uindi è
la verità del Figlio. Ed è importante conoscere la
verità. La verità è che grazie a Dio abbiamo tutti
un padre,
qualunque sia la nostra esperienza di padre, che è
sempre limitata, che è sempre un po’ positiva e un
po’
negativa. Qualunque sia la nostra esperienza di pat
ernità terrena, limitata, la possibilità di riscatt
o di ogni
uomo è che ogni uomo è figlio di Dio, figlio amato.
Questo è venuto a rivelarci Gesù con il suo amore.
Scoprire questa verità è trovare la libertà, perché
uno non è libero fino a quando non si sente accett
ato e
amato. Non si accetta, cerca di far di tutto per se
ntirsi accettato e amato, quindi è schiavo dell’imm
agine
che produce nei confronti degli altri. Come la menz
ogna dà schiavitù, così la libertà è frutto della v
erità.
Ecco dunque la seconda parola, libertà. La libertà
non è fare quello che si vuole, perché uno è ancora
schiavo dei suoi istinti e delle sue paure, come Ge
sù cerca di far capire nel vangelo di domenica. Il
Vangelo,
tutta la Bibbia, mi propone un altro concetto di li
bertà: l’uomo è libero perché è a immagine di Dio.
E chi è
Dio? Non farti nessuna immagine di Dio, perché l’im
magine di Dio è l’uomo libero. Ma chi è Dio? Dio è
uno
che si è rivelato come colui che si mette a servizi
o di tutti, dà la vita per tutti, è solidale con tu
tti, ama; Dio è
amore. Quindi la libertà cristiana non è il piacere
, non è il dovere della legge, è il sapersi amati,
è il saper
amare gli altri stabilendo un corretto rapporto con
il Padre, coi fratelli, con le cose, dove tutto è
posto a