venerdì 6 marzo 2015

SALMO 8

Il salterio, cioè il libro della Bibbia nel quale s i trovano scritti tutti i salmi, è suddiviso in 5 parti, come il Pentateuco, che sono i primi cinque libri della Bib bia: vuol dire che i salmi, nell’AT, hanno lo stess o valore della Legge da Dio a Mosè. I salmi sono 150. I prim i due salmi, e noi settimana scorsa abbiamo spiegat o il salmo 1, sono il prologo, nel quale si dice, lo dic evamo venerdì scorso,
che l’uomo beato è colui che cammina nella legge del Signore, e gli ultimi cinqu e salmi del salterio, quelli dal 146 al 150, sono i nvece una lode a Dio. Vuol dire che l’intero salterio è un li bro dell'uomo e di Dio, che indica all'uomo la via della felicità, affermando che questa si compie nella lod e di Dio. In ogni caso sono 150 componimenti poetici scritti in epoche diverse da diversi autori, ma hanno tutti in comune il fatto di essere preghiere, di essere le p arole che hanno retto il dialogo fra Israele e il s uo Dio. Sono la risposta di Israele alla parola di Dio, e q uindi sono una scuola di preghiera: nei salmi c’è t utta la vita dell’uomo, nel bene e nel male, messa davanti a Dio , perché tutta la vita sia vissuta come preghiera, in quanto la preghiera è vivere alla presenza di Dio. La prima parte del libro dei salmi va dal numero 3 al numero 40. Nella liturgia li troviamo nella nume razione greca. Nella Bibbia si trovano sempre due numeri, n oi ci riferiamo a quello inferiore. Questa prima parte del libro dei salmi è attribuita a Davide, cioè si ritiene che l’autore sia il re D avide, ma in realtà, ma molti sono opere posteriori scritti da m ani e teste diverse. Ma il riferimento a Davide è importante perché diventa Davide è simbolo del Mess ia. Dire che sono preghiere di Davide è come dire c he sono preghiere di Cristo, perché Cristo è figlio di Davide. Che sia Davide a recitare queste preghiere è importante, perché è il re messia che pronuncia que sti testi. Questa prima raccolta contiene molte suppliche e qualche inno. Tutti i salmi sono compos izioni poetiche, ci sono inni e suppliche. L’inno è la lode (celebrate il Signore perché è buono, un invito all a lode spiegando il perché), mentre la supplica è u n invocazione di aiuto (aiutami Signore). È molto int eressante che in questa prima parte, il primo inno che troviamo è proprio il salmo 8, poi ne troviamo altr i due, il 18 e il 28. Come mai su 40 salmi gli inni sono un po’ qui e un po’ là? E sono pochi? Perché così è la vita, fatta soprattutto di suppliche. Per esempio, e così veniamo al salmo di questa sera, i salmi dal 3 al 1 3 è fatta così: i primi cinque sono preghiere di un a persona che si proclama giusta, ma è in difficoltà, persegu itata, giusta, innocente. I salmi dal 9 al 13 sono salmi dei poveri, preghiere che riflettono sulla spiritualità dei poveri, di chi si trova nella sofferenza e nel l’angoscia. In mezzo a queste preghiere di povera gente in brutte situazioni, compare questo fungo strano del salmo 8 , che è un inno, una lode, ma non si loda solo Dio, s i loda l’uomo che è opera di Dio. Cosa vuol dire? C he questo povero uomo che soffre e prega con gli altri salmi, non è un disgraziato, ma uno coronato di gl oria e di onore. Se guardo il cielo di notte vedo la luna e le stelle, come Abramo, a cui il Signore dice: ta le sarà la tua discendenza. Abramo aveva il magone, di essere vecchio e di andarsene senza figli. Guarda il cielo e il Signore gli dice: c’è una speranza. E vi faccio not are un’ultima cosa. Chi è l’uomo, anzi, il figlio d ell’uomo che Dio ha coronato di ogni gloria e onore? E’ Gesù . Vedete? Quello che dicevamo prima parlando del fa tto che questi salmi sono attribuiti a Davide. Nei salm i di questa sezione dove si trova il salmo otto ci sono quelli fatti da suppliche e lamenti e c’è questo sa lmo: vuol dire che si sta parlando di Cristo: quell o che è successo a Cristo succede a noi, quello che succede a noi è successo a Cristo. Nel luglio del 1969 il beato Paolo VI affidava ad A mstrong prima che partisse per andare sulla luna il testo del salmo 8 perché fosse consegnato negli spazi sid erali e alle sabbie lunari. Questo salmo, del resto , è un canto entusiastico dell’uomo, creatura microscopica di fronte all’universo, eppure reso da Dio, come abbiamo letto, poco inferiore agli angeli, dove la traduzione più corretta è poco inferiore a Dio stes so. Già Sofocle, nell’antica grecia, esclamava: Molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell’uo mo. L’uomo che, ripeto, confrontato con l’universo, è b en poca cosa, un essere finito, che si ammala, fatt o di terra, dalle parole stupende di questo salmo emerge come oggetto particolare della cura di Dio che, qu asi ignorando il resto del cosmo, si ricorda e si cura dell’uomo con tenerezza, coronandolo di gloria e di magnificenza, come se fosse un re. È chiamato a dom inare il creato: l’hai reso signore sull’opera dell e tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi, i greggi, le bestie, gli uccelli, i pesci. Ma ecco il punto che distanzia questa visione dell’uomo rispetto a quella simile a d esempio del pensiero del rinascimento, dell’illum inismo o dell’ateismo: questo dominio dell’uomo non è meri to suo, perché l’uomo non si è fatto da se, bensì è un dono di Dio. E’ Dio il Signore, l’universo è opera delle mani di Dio, non dell’uomo. Dio ha come conce sso all’uomo di diventare amministratore del creato, no n di essere padrone, perché non è l’uomo il creator e di tutto. Quindi questo salmo è un appello all’uomo pe rché sappia continuare il progetto di armonia che D io ha intessuto nella creazione. E questo progetto di armonia significa salvaguardia del creato e cura amorevole nei confronti di ogni creatura. Purtroppo noi uomini, invece di comportarci come re sapienti , spesso la facciamo da padroni diventando folli tira nni, a tal punto che nel libro di Giobbe c’è un pas so nel quale viene fatta quasi un’ironia di questo salmo, laddove Giobbe dice, guardando alle nefandezze compiute dagli uomini: ma cos’è mai l’uomo perché t u, Signore, ne tenga così tanto conto? E dunque questa è la domanda alla quale vogliamo pr ovare a rispondere questa sera: cos’è mai Signore l’uomo perché tu ne tenga conto così tanto? E credo che una risposta molto eloquente a questa d omanda c'è la fornisca la pagina di Vangelo che ascolteremo domenica prossima nel quale Giovanni de scrive l'accesa discussione tra Gesù e farisei su t re temi fondamentali, quello della verità, della liber tà e della paternità, tre temi che ci aiutano appun to a rispondere alla domanda "chi è l'uomo?". Par>amo dal primo: la verità. Che cos’è la verità? Chi è l'uomo veramente? Ecco, il Figlio, è venuto a rivelarci la verità fondamentale dell’uomo: che l’uomo è figli o. Nessuno si è faAo da sé, neppure le persone più importan> si sono faAe da sé. Uno esiste perché un altro lo ha messo al mondo, e se non accetta di ess ere messo al mondo da un altro non è nella verità, ma n ella menzogna. Non è figlio di un Dio che è padre, ma è figlio della menzogna. E le conseguenze sono devast anti. Se io non mi accetto come figlio, non ho un b uon rapporto con Dio, con me stesso, con gli altri, con la vita e con la morte. Quindi, all’origine dei ma li, c’è la non conoscenza della verità di chi è l’uomo; e Gesù è luce del mondo perché è il Figlio di Dio che è v enuto a mostrarci, nella fraternità e nel servizio dei frat elli, la verità di ogni uomo che ci rende liberi. E la libertà è amare come siamo amati. Che, se uno non è amato dal Padre e odia il Padre, odia sé, odia i fratelli. Q uindi è la verità del Figlio. Ed è importante conoscere la verità. La verità è che grazie a Dio abbiamo tutti un padre, qualunque sia la nostra esperienza di padre, che è sempre limitata, che è sempre un po’ positiva e un po’ negativa. Qualunque sia la nostra esperienza di pat ernità terrena, limitata, la possibilità di riscatt o di ogni uomo è che ogni uomo è figlio di Dio, figlio amato. Questo è venuto a rivelarci Gesù con il suo amore. Scoprire questa verità è trovare la libertà, perché uno non è libero fino a quando non si sente accett ato e amato. Non si accetta, cerca di far di tutto per se ntirsi accettato e amato, quindi è schiavo dell’imm agine che produce nei confronti degli altri. Come la menz ogna dà schiavitù, così la libertà è frutto della v erità. Ecco dunque la seconda parola, libertà. La libertà non è fare quello che si vuole, perché uno è ancora schiavo dei suoi istinti e delle sue paure, come Ge sù cerca di far capire nel vangelo di domenica. Il Vangelo, tutta la Bibbia, mi propone un altro concetto di li bertà: l’uomo è libero perché è a immagine di Dio. E chi è Dio? Non farti nessuna immagine di Dio, perché l’im magine di Dio è l’uomo libero. Ma chi è Dio? Dio è uno che si è rivelato come colui che si mette a servizi o di tutti, dà la vita per tutti, è solidale con tu tti, ama; Dio è amore. Quindi la libertà cristiana non è il piacere , non è il dovere della legge, è il sapersi amati, è il saper amare gli altri stabilendo un corretto rapporto con il Padre, coi fratelli, con le cose, dove tutto è posto a