Nel vangelo di domenica scorsa Gesù aveva detto: la
verità vi farà liberi, e aveva spiegato che la verità è che Dio è
Padre, e se io capisco questa verità, vedo me stess
o, gli altri e la vita in un modo nuovo, perché non
devo dimostrare
più niente a nessuno; tutto è un dono; io valgo dav
anti a Dio perché sono suo figlio; so che un padre
è colui che da la
vita e non che la toglie, e quindi non ho più
angos cia davanti alla morte; se sbaglio il Padre mi perd ona e non mi ammazza; e tutto questo genera pace, e così anche g li altri non sono più persone a cui elemosino ricon oscimenti, e nemmeno avversari con cui combattere o da giudicare , ma sono fratelli. Questa verità mi rende dunque l ibero,
angos cia davanti alla morte; se sbaglio il Padre mi perd ona e non mi ammazza; e tutto questo genera pace, e così anche g li altri non sono più persone a cui elemosino ricon oscimenti, e nemmeno avversari con cui combattere o da giudicare , ma sono fratelli. Questa verità mi rende dunque l ibero,
libero
di amare. ll problema qual è? Che noi siamo ciechi,
non riusciamo a rendercene conto. Per questo il se
guito del
vangelo di domenica scorsa è quello di oggi in cui
si parla di un uomo cieco, perché cieco è chi non
si rende conto di
questa cosa e quindi vede la realtà, Dio, le cose,
le persone, in modo distorto e falso, con la terrib
ile conseguenza di
andare a sbattere contro fantasmi che non esistono.
Il Vangelo non ci propone cose strane, ma ci illum
ina, ci da una
nuova coscienza, e questa illuminazione è accaduta
il giorno del nostro Battesimo perché lì questa ver
ità pronunciata
da Gesù si è realizzata perché siamo diventati real
mente figli di questo Dio che è Padre, fratelli di
Gesù e dimora
dell’amore che unisce il Padre e il Figlio, cioè de
llo Spirito santo, che ci da la forza di vivere sen
za essere più ciechi.
Questo è il senso del miracolo raccontato da Giovan
ni, ed è il miracolo che dobbiamo chiedere sempre,
e non basta
una vita, il miracolo di imparare a renderci conto
di queste cose. Se ce ne rendiamo conto accade una
cosa
straordinaria che leggeremo domenica prossima ascol
tando la risurrezione di Lazzaro, e cioè che risorg
iamo, perché
aprire gli occhi vuol dire risorgere ad una vita nu
ova. Quindi, se vedere la realtà con gli occhi nuov
i che la fede in Dio
ci dona ci fa passare dalla morte alla vita, il rif
iuto di questa luce ci fa restare schiavi nella mor
te. La fede non è cieca,
quindi, ma illuminante. Vedo tutte le cose in un mo
do nuovo. Signore, nella tua luce vediamo la luce,
abbiamo
ripetuto nel ritornello del salmo. Mosè, lo abbiamo
ascoltato nella lettura, parlava con Dio faccia a
faccia, come a un
amico, ma questo Dio è ancora avvolto in una nube.
Gesù ha dissipato questa nube facendoci vedere il v
ero volto di
questo Dio, ma la nube resta sempre, perché i nostr
i occhi continuano ad essere invischiati come quell
i del cieco di
polvere e fango, e non dobbiamo smettere di lavarci
alla piscina di Siloe, a quell’acqua che zampilla
per la vita eterna
che è la Parola di Gesù che ci illumina, se noi l’a
scoltiamo. E allora con pazienza vedremo la luce. Q
uesto è il
cammino di tutta la vita e lo scopo lo esprime bene
Paolo nel brano che abbiamo letto prima dove dice
che la
volontà di Dio è la nostra santificazione, cioè che
siamo chiamati a diventare santi come Dio. Noi uom
ini non siamo
solo istinto, ma siamo desiderio di felicità, e la
felicità è l’amore corrisposto. Chi non si sa amato
e si sente nessuno, è
posseduto dall’istinto di mangiare tutto e tutti pe
rché si sente vuoto, ed è cieco anche se crede di v
edere. Chi invece
si lascia illuminare e sente l’amore di Dio non è p
iù cieco e progredisce nell’amore, e così diventa s
anto come Dio è
santo. Ecco perché Paolo dice: cercate di piacere a
Dio. Dio mi ama e mi conosce, a Dio piace quel che
fa bene a me,
e a me fa bene amare, e quindi cercando di piacere
a Dio vengo riempito d’amore e imparo ad amare, fac
endo così
un bene a me stesso e a tutti, perché si realizza q
uel profondo desiderio di gioia che ognuno porta ne
l cuore. Se
invece resto cieco, non mi rendo conto dell’amore d
i Dio che mi riempie, vivo costantemente guidato da
lla smania
del possesso perché devo riempire il mio vuoto, per
cui tratto gli altri non come fratelli da amare, m
a cose da
possedere, e questa è l’impudicizia di cui parla l’
apostolo. E aggiunge che il Signore punisce chi agi
sce diversamente,
ma siccome è Padre, punisce da padre, per stimolare
il figlio a fare bene. Ma in che modo punisce il S
ignore? Non
mandandoci all’inferno, perché è venuto a salvarci
dall’inferno. La punizione non viene da Dio, ma è i
nsita nel male:
facendo il male butto via la mia vita, è questa la
punizione. Poi lui ci salva lo stesso, perché noi,
ciechi, schiavi della
menzogna, come diceva il vangelo di domenica scorsa
, non accettiamo la verità e non siamo liberi, per
cui facciamo il
male pensando che in quel momento il male sia un be
ne per noi, ma intanto abbiamo vissuto male la vita
. Crediamo
di vedere, ma siamo ciechi, come i farisei. Che il
cammino della Quaresima ci aiuti ad aprire davvero
gli occhi sulla
realtà che Gesù è venuto a rivelarci.