giovedì 13 aprile 2017

OMELIA GIOVEDI' SANTO MESSA IN COENA DOMINI

La conservazione della vita e la propagazione della specie sono i due grandi istinti animali. Ma per noi umani, il mangiare è espressione di amicizia, di comunione e di festa, quando è fatto insieme agli altri, e la procreazione è una manifestazione dell'amore. Il cibo, lo sappiamo, è fonte di vita, comunica vita, e quindi mangiare insieme vuol dire partecipare alla vita stessa, diventare
consanguinei e quindi fratelli. Ecco perché quando si vuole celebrare qualche evento particolare della vita ci si mette a tavola e si mangia insieme. Se il cibo è fonte di vita, ecco perché Gesù si presenta ai suoi come "cibo di vita", per farci partecipare della sua stessa vita, per farci diventare suoi fratelli e quindi figli di Dio come Lui. Ma il cibo, se ci pensate, in fondo è solo qualcosa che conserva la vita fisica impedendo l’arrivo della morte. Ebbene, Gesù si dona a noi come cibo che invece comunica una vita che vince la morte. E questa vita indistruttibile donata da Gesù è il suo amore, è lo Spirito santo. Quando la comunità partecipa all'Eucaristia, si mangia lo stesso pane, si assimila Gesù da cui si riceve la nuova vita, che neanche la morte può distruggere. Per questo il nome corretto della messa è “la cena del Signore” o “eucaristia” che vuol dire ringraziamento. Cominciassimo anche nel modo di parlare a dire: vado a partecipare alla cena del Signore per ringraziarlo del suo amore, invece di dire “vado a messa”, sono sicuro che molti verrebbero più volentieri perché comincerebbero a capire che l’eucaristia è tutto tranne che un obbligo, un precetto, ma un dono d’amore. Per questo l’evangelista Giovanni, a differenza di tutti gli altri, spiega la cena del Signore raccontando il gesto di Gesù di lavare i piedi ai suoi apostoli, affinchè essi, riempiti del suo amore, imparino a viverlo gli uni nei confronti degli altri. Il corpo di Gesù non è solo l’ostia consacrata, ma è la comunità dei cristiani, siamo noi che ci facciamo pane per gli altri: questi sono i veri adoratori perpetui dell’eucaristia. Qui si capiscono le dure parole che Paolo rivolge ai Corinti e che abbiamo letto prima. Come avveniva l’eucarestia? I cristiani si riunivano in casa di qualcuno e portavano da mangiare e condividevano. A Corinto, però, questo non accadeva, ma capitava che i ricchi portavano abbondanza di cibi e di bevande e mangiavano e bevevano per conto loro, e i poveri stavano a guardare, e per questo Paolo dice: non va bene che uno ha fame e l’altro è ubriaco, state a casa vostra a mangiare e bere, perché altrimenti fate questa cena in modo indegno, mangiate e bevete la vostra condanna e infatti tra voi ci sono ammalati, infermi e morti. Cosa vuol dire? Vuol dire che mentre si celebra l’eucarestia, che è l’amore del Padre che ci dà il Figlio e il Figlio che dà la vita per noi per farci fratelli, noi celebriamo questo con le parole, ma facciamo esattamente il contrario, non viviamo da fratelli, e quindi siamo una comunità malata, già morta, non siamo risorti, la vita di Dio non abita in noi. Dio non è solo con noi, ma in noi, dentro di noi. Il Dio di Gesù chiede a ciascuno di essere accolto per fondersi nella sua esistenza e dilatare la sua capacità d’amore. Dio si manifesta non quando alziamo le mani al cielo per invocarlo, ma quando le abbassiamo per servire. E’ con questi sentimenti che noi celebriamo l’eucaristia?