domenica 2 aprile 2017

V DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A LA RISURREZIONE DI LAZZARO

 Questa stupenda pagina di vangelo è fondamentale per capire tante cose che riguardano il cuore della nostra fede, il fatto che noi crediamo nella risurrezione dei morti, la risurrezione della carne, e la vita del mondo che verrà, come ripetiamo nel Credo, solo che io “credo” che ci sia molta confusione su cosa significa questa cosa. Risurrezione della carne non vuol dire che i corpi sepolti nei cimiteri
tornano in vita. Solo il corpo mortale di Gesù sepolto non subì la corruzione del sepolcro, che infatti venne trovato vuoto. Ma il corpo di Gesù risorto non aveva più le caratteristiche precedenti: i suoi discepoli lo scambiano per un giardiniere, un pescatore, uno spirito, un viandante, mentre spezza il pane. Ma è sempre Lui. Questo vuol dire risurrezione della carne: che la sua intera persona umana morta in croce e sepolta, è stata resuscitata da Dio a vita gloriosa ed eterna, e Gesù è dunque vivo, operante, presente, e noi possiamo incontrarlo, toccarlo, vederlo, sentirlo: con la sua Parola, nei sacramenti, nel volto dei fratelli, quando viviamo l’amore. Ma quello che più conta è il fatto che quello che è accaduto a Gesù, accade anche a noi: Dio si è fatto carne perché anche la nostra carne, la nostra intera persona, diventi come Lui. La carne indica dunque la nostra intera persona. Credo la risurrezione della carne vuol dire: credo che la mia intera persona non morirà mai. La vita del mondo che verrà è la conseguenza: che la nostra intera persona risorta vivrà per sempre, nella gioia piena, in comunione perfetta con Dio. Io sono destinato alla vita eterna, non a finire al cimitero. Come dicono i padri della chiesa, in particolare quelli orientali: “L’uomo è un essere che ha ricevuto la vocazione di diventare Dio”. Gesù è il primo dei risorti, dice san Paolo. Se è il primo, vuol dire che c’è un secondo, un terzo e così via. In altre parole, non servirebbe a nulla credere che Cristo è risorto se la cosa non riguardasse me. Bene, l’episodio della risurrezione di Lazzaro ci fa capire una cosa fondamentale: che la risurrezione, cioè il passaggio definitivo da una condizione di vita mortale a una di vita immortale, non è qualcosa che c’entra col futuro, ma c’entra adesso. “So che risorgerà nell’ultimo giorno” dice Marta a Gesù riferendosi a suo fratello che era morto. Come per dirgli: a me manca adesso. E Gesù le risponde: “Io sono la resurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore, vivrà: chiunque vive e crede in me non muore in eterno”. Gesù vuol far capire a Marta, e quindi a noi, che Lazzaro non è mai morto perché nella sua vita ha creduto in Lui. Chi crede in Gesù non risuscita dopo la morte del suo corpo, ma è già risuscitato adesso. Questa è la notizia splendida e sconvolgente: che Gesù non da la vita ai morti, ma a noi che siamo vivi e che in realtà viviamo come morti, pieni di angosce e di paure, se non capiamo questa cosa, se non crediamo in Lui. Se Marta crede in questo, è risorta anche lei. Io sono risorto adesso se davanti a un cadavere di uno o quattro giorni, di un anno o di cinquant’anni, credo che è risorto. Sono risorto io perché non vivo l’angoscia davanti alla morte, ma posso realmente chiamarla sorella, come faceva san Francesco. Ma c’è di più. Potremmo star qui una vita a discutere sulla risurrezione di Lazzaro, perché presa alla lettera dovremmo dire che Gesù non ha risuscitato un morto, ma ha rianimato un cadavere, e abbiamo detto che la risurrezione non è la rianimazione di un cadavere, ma l’intera mia persona che acquista una vita immortale. Rianimando un cadavere Gesù non rese a Lazzaro un bel servizio, perché poi Lazzaro sarebbe morto di nuovo. Quindi questo episodio vuol dire quello che abbiamo detto: che Gesù non viene a dare la vita ai morti, ma ai vivi. Cioè, Gesù vuol mostrare che la morte biologica è un’illusione: che non moriamo, perché Lazzaro è vivo. Ecco perché quando gli dicono che il suo amico Lazzaro e che Gesù amava era malato, Gesù non va a guarirlo. Vuol far capire che dalla morte biologica non si scappa. E che Lazzaro, anche se sta morendo, è già risorto, è vivo, semplicemente perché nella sua vita aveva creduto in Lui, era suo amico, suo discepolo, e quindi la morte del corpo non sarebbe stata la parola fine alla sua esistenza. E Lazzaro sono io dal giorno del mio Battesimo. Tutto il cammino della Quaresima serve per aiutarci a prendere coscienza delle conseguenze pazzesche del nostro Battesimo e quindi della nostra fede. Altro che il passaggio del Mar Rosso che abbiamo riascoltato nella lettura, quando gli ebrei passarono dalla schiavitù alla libertà, da una condizione di morte a una di vita. Questo passaggio prefigura un passaggio ben più grande: la Pasqua cristiana è il passaggio da una vita mortale a una immortale, e si sta parlando della mia vita. Ma non è un passaggio che riguarda il mio futuro, ma il mio presente. Dice infatti Paolo nel brano agli Efesini che abbiamo letto: Dio, ricco di misericordia, da morti che eravamo, ci ha fatto rivivere con Cristo. Ci ha fatto, adesso, non domani. Adesso. Se io adesso credo, aderisco a Gesù, sono risorto. Aderire a Gesù vuol dire morire a me stesso, al mio egoismo, e vivere come Gesù, una vita nell’amore, nel servizio, nel dono, nella logica eucaristica. Se vivo così sono risorto adesso. Se vivo nell’egoismo che nasce dalla paura, dal non sentirmi amato, nella logica del possesso, dell’avere, del dominio, sono morto. Adesso. Se non sono risorto adesso, magari risorgerò lo stesso dopo la morte del mio corpo per via della misericordia di Dio, va bene, ma intanto avrò buttato via e quindi sprecato tutta la mia esistenza!