giovedì 7 gennaio 2016

CATECHESI ADULTI 2015/2016 - TERZO INCONTRO

CATECHESI ADULTI 2015/2016: GENESI 1-11 TERZO  INCONTRO: GENESI 3 
Anche questo è un racconto mitico e non storico, no n per dire che c’è stato un tempo in cui il peccato non c’era, ma per dire che l’uomo da sempre è peccatore e individ uare la causa dei peccati e la sua conseguenza. 1 Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto Il serpente
è simbolo molto complesso che rappresen ta tante cose: il caos primitivo, la potenza umana, l’arroganza della sapienza, i culti della fertilità, la magia e il lato oscuro dell’uomo, cioè l’aspetto buio dell a sua coscienza. e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: «Non dovete mangiare di alcun albero del giardino»?». La tentazione inizia deformando la proposta di Dio: Dio vi ha proibito tutto, vero? Quando è vero il c ontrario. 2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alb eri del giardino noi possiamo mangiare, 3 ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha det to: «Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». La dinamica perversa della tentazione: stravolgere la realtà, per cui la donna, senza volerlo, confess a di non capire più il senso del comando di Dio, e Dio le appare ca ttivo, perché dice di fare delle cose, non perché c i vuole bene e vuole la nostra felicità. 4 Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affa tto! 5 Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, cono scendo il bene e il male». L’origine del peccato è il dubbio su Dio alleato de ll’uomo. L’uomo pensa: Dio non è favorevole a me. D io mi vuole male. Per fare il mio bene io non devo fidarmi di D io, ma devo far di testa mia. La mancanza di fiduci a è l’origine del peccato. Pensare Dio come ostile, porta come conseg uenza la morte. Il ragionamento del serpente pone l a questione se Dio sia credibile o meno. Il peccato nasce dall’ idea che Dio voglia ingannarci e quindi occorre far e come diciamo noi e non come dice Lui. “Hai proprio detto bene, D io è cattivo. E il comando che ti ha dato non è per il tuo bene, ma per il suo proprio interesse. Davanti a un Dio così , cattivo, dispotico, che ti vuole morto, allora è meglio che muoia Lui”. 6 Allora la donna vide che l'albero era buono da mang iare, gradevole agli occhi e desiderabile per acqui stare saggezza; Allora la donna decide di prendere il frutto. Perch é a questo punto cambia anche il suo modo di vedere l’albero. E’ cambiato il cuore e quindi cambiano anche gli occhi . Nel momento in cui io dico che Dio è cattivo e mi chiede cose che non sono per il mio bene, allora le cose proibi te diventano belle e desiderabili, io non le so più riconoscere per quello che davvero sono. Io non so più capire che q uello mi fa male, e invece dico: “Invece mi farebbe proprio un gran bene”. La vista si riferisce al modo di vedere la realtà, all’opposto di come la vede Dio, e ques ta visione nasce dal dubbio che Dio sia buono: è buona cosa toccare i fili dei pali dell’Enel, è bello (gradevole) e ad dirittura desiderabile. Ciò che Dio ha dichiarato cattivo div enta buono, oggetto di desiderio per acquistare sag gezza stabilendo cosa è bene e cosa è male. Ma perché la donna? Non per misoginia, come si pensa. Salomone a veva un harem di 700 mogli e 300 concubine, e questo allora non faceva problema perché si riteneva che la gran dezza di un sovrano dipendesse anche dal numero di donne di cui era circondato. Il problema è che queste donne pro venienti da diversi popoli portavano anche i loro culti che con ducevano tutto Israele a peccare di “adulterio” nei confronti dell’unico Dio. prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anch e al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò . Condivide con l’uomo il tesoro prezioso che ha scop erto, peccato che condivide con lui la morte. 7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conob bero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Il testo è fortemente ironico. Si aprono loro gli o cchi come aveva detto il serpente, solo che invece di conoscere il Bene e il Male, conoscono di essere nudi, cioè cono scono di aver bisogno di difendersi l’uno dall’altr o. Il limite proprio e dell’altro diventa motivo di paura. 2 8 Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore D io, in mezzo agli alberi del giardino. Scena splendida: Dio come un sovrano orientale, qua ndo il giorno sta calando e c’è la brezza della ser a, dopo la grande afa del mezzogiorno, scende a passeggiare ne l giardino. È l’immagine della famigliarità, della confidenza, dell’amicizia. Dio va a passeggiare nel giardino pe r andare a incontrare l’umanità. L’umanità ha paura di Dio: Lo sentono, scappano e si nascondono. 9 Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». Dio va a passeggiare nel giardino e va proprio per entrare in relazione con l’umanità. Dio va a cercar e l’uomo. L’uomo ormai è in fuga; è Dio che prende l’iniziativa e va a cercarlo, e gli chiede che esca fuori dal suo na scondiglio. 10 Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avu to paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Non essendosi fidato in partenza, l’uomo ha scopert o la propria naturale debolezza, la sua creaturale limitatezza e la ritiene una cosa non amata da Dio. È lui che proiet ta in Dio cose che Dio non pensa e quindi ha paura perché si sa limitato, si sa debole, ha paura perché non si è fi dato e quindi continua a non fidarsi e perciò vuole nascondersi, vuole interrompere la relazione. Ha paura che quest a relazione sia negativa per lui. 11 Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandat o di non mangiare?». 12 Rispose l'uomo: «La donna che tu mi hai posto accan to mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato». L’osso delle mie ossa, carne della mia carne, l’inn o di giubilo è rotto, non esiste più. È la donna ch e «tu» mi ha messo accanto. La colpa è passata sull’altro essere umano , ma implicitamente la colpa è data a Dio. «La donn a mi ha ingannato, dice l’uomo a Dio, ma sei tu che me l’ha i messa a fianco». Il giro del peccato porta a de–r esponsabilizzare se stesso e accusare gli altri. 13 Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». La donna a sua volta scarica la responsabilità sull ’altro elemento: il serpente. “Cosa hai fatto?”, un invito a prendere coscienza del proprio peccato che invece viene inteso come in quisitoria in vista di una punizione per cui meglio che la punizi one la riceva un altro. L’uomo peccatore, dopo il peccato, percepisce se st esso come peccatore, sì, come qualcuno che ha fatto una follia, sì, come qualcuno che ha fatto qualcosa di orribile e non doveva farlo, sì, ma in qualche modo anche c ome qualcuno che è rimasto misteriosamente vittima delle circost anze, dell’autoinganno, dell’illusione, del momento di debolezza, del momento di ira, di qualche cosa che gli sembra superarlo. L’esempio di Davide e Betsabea. 14 Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché ha i fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polv ere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Tutta la realtà simboleggiata dal serpente (caos pr imitivo, potenza umana, arroganza della sapienza, c ulti della fertilità, magia e lato oscuro dell’uomo) vengono d ichiarati sterili ed esclusi dalla dinamica della v ita. Il fatto dello strisciare inoltre diventa, simbolicamente, l’umili azione massima; il mangiare polvere è l’abbattiment o. Non vuol dire che prima i serpenti avessero le zampe. 15 Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua s tirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la test a e tu le insidierai il calcagno». I figli del serpente saranno altri serpenti, tutto ciò che è racchiuso nel simbolo–serpente di generaz ione in generazione; e i figli della donna sono gli uomini di tutti i tempi, l’umanità intera. Viene così rapp resentata la battaglia eterna fra l’uomo e il male. E questa è l a realtà: il nostro autore conosce bene la sua real tà dove l’uomo lotta con una situazione negativa che è fuori di sé , ma che è anche dentro; lotta con gli istinti che lo portano a commettere il male; l’uomo che vuole vivere bene si trova a combattere per vivere bene. Questo desider io di vivere bene e di combattere il male è messo da Dio all’ini zio. Ma non solo viene annunciata una lotta continu a fra i due schieramenti, viene promessa anche una vittoria, il superamento da parte dell’umanità. Il testo ebraic o usa un pronome maschile per indicare il soggetto di colui che schiaccerà la testa al serpente, quindi intende dire «il seme»