L’epifania non è finita il 6 gennaio, ma prosegue i
n queste domeniche. Epifania, lo sappiamo, signific
a
manifestazione. Davanti ai Magi Gesù manifesta che
Dio rivela il suo volto a tutti i popoli della terr
a; col suo
Battesimo al Giordano che abbiamo celebrato domenic
a scorsa Gesù, mettendosi in fila coi peccatori, ma
nifesta che
nemmeno il peccato può separarci da Dio, e le nozze
di Cana che
abbiamo letto nel vangelo di oggi sono
la terza
epifania del Signore, che nel vangelo di Giovanni s
ono il primo segno col quale Gesù manifesta la sua
gloria.
Cerchiamo di capire cos’è questa gloria. Prima di t
utto precisiamo bene una cosa. Si parla di segno, n
on di miracolo
come diciamo noi. Quelli di Gesù erano segni, non m
iracoli, e sono due cose molto diverse. L’acqua tra
sformata in
vino era un segno col quale Gesù voleva far capire
qualcosa di sé, non un gioco di prestigio su cui co
struire
barzellette, anche perché bastava andare da qualche
parte a comprare il vino e farla finita lì. Cosa s
ono i segni?
Facciamo un esempio: se io vedo del fumo salire da
qualche parte, devo andare a cercare il fuoco da cu
i proviene
quel fumo, perché il fumo è il segno reale di qualc
osa che brucia. Il fumo esiste perché c’è il fuoco,
e quindi è il fuoco
che devo cercare. E allora cerchiamo di capire cosa
significa il segno compiuto da Gesù alle nozze di
Cana. Che Gesù
fosse presente a un banchetto di nozze è nel vangel
o di Giovanni un modo per dire che Dio, facendosi u
omo nel
Natale, ha sposato l’umanità. Come nelle nozze l’uo
mo e la donna si uniscono insieme e diventano una c
osa sola,
così nel Natale e nella Pasqua di Gesù l’umanità di
venta una cosa sola con Dio. Nel Natale Dio diventa
uno di noi, ma
è con la Pasqua che ci fa diventare come lui, dando
ci la vita eterna. E la vita eterna non è solo qual
cosa che riguarda
l’aldilà, ma l’aldiqua, è quando io mi sento amato
senza condizioni e amo senza condizioni: questo gen
era gioia. E
spesso è quello che ci manca. Il vino è simbolo del
la gioia, e davvero spesso manca il vino. Abbiamo b
isogno quindi
che le anfore della nostra vita che è vuota vengano
riempite di vino. Ma come si fa? Occorre che prima
siano
riempite di acqua, ed è Gesù l’acqua che zampilla p
er la vita eterna. Quest’acqua è la sua Parola, e l
a sua Parola cosa
ci manifesta, cosa ci dice? Che noi siamo amati dal
Padre come dei figli. Nelle parole iniziali della
lettera agli Efesini
che abbiamo ascoltato, san Paolo spiega proprio que
sto: che Gesù ci ha rivelato che Dio non è uno che
ci chiede
delle prestazioni per tenerlo buono e avere alcune
grazie, ma che Dio è il Padre che grazie a Gesù ci
ha resi suoi figli.
Se noi ci riempiamo di quest’acqua, di questa Parol
a, ci fidiamo di essa, cosa succede? Che l’acqua di
venta vino. Cioè
che lo Spirito santo, che è l’amore del Padre e del
Figlio, ci riempie, ci trasforma, ci dona la gioia
di sentirci amati e di
amare. Questo, se volete, è il miracolo, il vero mi
racolo, il fuoco, la nostra trasformazione interior
e, e non è un gioco
di prestigio, ma una cosa molto reale. Il fumo che
manifesta questo fuoco è la gioia. Insomma, il vero
segno che
manifesta l’amore di Dio che ci trasforma è la pace
e la gioia che possiamo sentire dentro di noi. Ecc
o allora qual è la
gloria di Dio che Gesù manifesta alle nozze di Cana
: la gloria di Dio è la nostra gioia, è il sentirci
amati da lui come una
sposa dal suo sposo, capire che lui realizza a modo
suo i desideri più profondi che portiamo nel cuore
, perché i
desideri più grandi che abbiamo sono quelli di esse
re amati e di amare, di non sentirci abbandonati ne
mmeno in
mezzo alle croci e nemmeno davanti alla morte. Sent
ire questo è avere la vita eterna, la vita di Dio,
e quindi è la
nostra unica salvezza: l’alternativa è la disperazi
one. Capite quanto sia importante leggere e interpr
etare
correttamente non solo il vangelo in generale, ma a
nche in particolare i miracoli di Gesù, prima di tu
tto smettendola
di chiamarli miracoli o giochi di prestigio, ma di
chiamarli nel modo giusto? Ora vi faccio notare un’
ultima cosa
altrettanto interessante, che spiega ancora meglio
e dimostra ulteriormente quanto sto cercando di spi
egare. Se
avete notato, non si parla mai dello sposo e della
sposa, tranne alla fine, quando quello che dirigeva
il banchetto
chiama lo sposo per complimentarsi con lui perché i
l vino servito alla fine era più buono di quello se
rvito all’inizio.
Ma lui, fa notare Giovanni, non sapeva che era stat
o Gesù, e attribuisce il merito allo sposo. Vuol di
re che lo sposo è
Gesù. E la sposa chi è? E’ Maria. Notate che Gesù n
on la chiama madre, ma donna, lo stesso termine che
userà per
chiamare la samaritana, e donna vuol dire sposa, co
lei che ama lo sposo, che ama Dio. Dunque anche Mar
ia è segno
della nostra anima assetata di gioia e che sa solo
Dio può donare il vino della gioia e glielo chiede.
Ecco perché nella
lettura si parla di Ester, la regina che chiese al
re, suo marito, anche qui durante un banchetto, di
intercedere perché
gli ebrei non venissero sterminati dai persiani. I
cristiani videro subito in Maria la nuova Ester che
chiede al Signore la
salvezza. E la brusca frase che Gesù le rivolge: “c
he vuoi da me? non è ancora giunta la mia ora!”, co
sa vuol dire?
Vuol dire due cose. La prima è che l’ora in cui Ges
ù manifesta in pienezza l’amore di Dio donandoci qu
el vino che è lo
Spirito è sulla croce. Però già alle nozze di Cana
Gesù anticipa con questo segno quello che farà sull
a croce, ecco
perché è un’epifania. E la seconda cosa è un po’ pi
ù difficile da capire perché la traduzione “che vuo
i da me?” è
ambigua e fa capire il contrario di quello che sign
ifica. “Che vuoi da me” fa parte del linguaggio dip
lomatico di quel
tempo, e se la dicevano due alleati per ricordarsi
i loro doveri reciproci. “Che vuoi da me” significa
quindi: so bene
cosa vuoi, vuoi che io intervenga perché senza vino
non c’è gioia. Tanto è vero che la risposta di Mar
ia fa capire che
ella ha inteso le parole di Gesù in un senso positi
vo e infatti dice ai servi: qualunque cosa vi dica
Gesù, fatela! E lo
ripete anche a noi adesso!