domenica 17 gennaio 2016

SECONDA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

 L’epifania non è finita il 6 gennaio, ma prosegue i n queste domeniche. Epifania, lo sappiamo, signific a manifestazione. Davanti ai Magi Gesù manifesta che Dio rivela il suo volto a tutti i popoli della terr a; col suo Battesimo al Giordano che abbiamo celebrato domenic a scorsa Gesù, mettendosi in fila coi peccatori, ma nifesta che nemmeno il peccato può separarci da Dio, e le nozze di Cana che
abbiamo letto nel vangelo di oggi sono la terza epifania del Signore, che nel vangelo di Giovanni s ono il primo segno col quale Gesù manifesta la sua gloria. Cerchiamo di capire cos’è questa gloria. Prima di t utto precisiamo bene una cosa. Si parla di segno, n on di miracolo come diciamo noi. Quelli di Gesù erano segni, non m iracoli, e sono due cose molto diverse. L’acqua tra sformata in vino era un segno col quale Gesù voleva far capire qualcosa di sé, non un gioco di prestigio su cui co struire barzellette, anche perché bastava andare da qualche parte a comprare il vino e farla finita lì. Cosa s ono i segni? Facciamo un esempio: se io vedo del fumo salire da qualche parte, devo andare a cercare il fuoco da cu i proviene quel fumo, perché il fumo è il segno reale di qualc osa che brucia. Il fumo esiste perché c’è il fuoco, e quindi è il fuoco che devo cercare. E allora cerchiamo di capire cosa significa il segno compiuto da Gesù alle nozze di Cana. Che Gesù fosse presente a un banchetto di nozze è nel vangel o di Giovanni un modo per dire che Dio, facendosi u omo nel Natale, ha sposato l’umanità. Come nelle nozze l’uo mo e la donna si uniscono insieme e diventano una c osa sola, così nel Natale e nella Pasqua di Gesù l’umanità di venta una cosa sola con Dio. Nel Natale Dio diventa uno di noi, ma è con la Pasqua che ci fa diventare come lui, dando ci la vita eterna. E la vita eterna non è solo qual cosa che riguarda l’aldilà, ma l’aldiqua, è quando io mi sento amato senza condizioni e amo senza condizioni: questo gen era gioia. E spesso è quello che ci manca. Il vino è simbolo del la gioia, e davvero spesso manca il vino. Abbiamo b isogno quindi che le anfore della nostra vita che è vuota vengano riempite di vino. Ma come si fa? Occorre che prima siano riempite di acqua, ed è Gesù l’acqua che zampilla p er la vita eterna. Quest’acqua è la sua Parola, e l a sua Parola cosa ci manifesta, cosa ci dice? Che noi siamo amati dal Padre come dei figli. Nelle parole iniziali della lettera agli Efesini che abbiamo ascoltato, san Paolo spiega proprio que sto: che Gesù ci ha rivelato che Dio non è uno che ci chiede delle prestazioni per tenerlo buono e avere alcune grazie, ma che Dio è il Padre che grazie a Gesù ci ha resi suoi figli. Se noi ci riempiamo di quest’acqua, di questa Parol a, ci fidiamo di essa, cosa succede? Che l’acqua di venta vino. Cioè che lo Spirito santo, che è l’amore del Padre e del Figlio, ci riempie, ci trasforma, ci dona la gioia di sentirci amati e di amare. Questo, se volete, è il miracolo, il vero mi racolo, il fuoco, la nostra trasformazione interior e, e non è un gioco di prestigio, ma una cosa molto reale. Il fumo che manifesta questo fuoco è la gioia. Insomma, il vero segno che manifesta l’amore di Dio che ci trasforma è la pace e la gioia che possiamo sentire dentro di noi. Ecc o allora qual è la gloria di Dio che Gesù manifesta alle nozze di Cana : la gloria di Dio è la nostra gioia, è il sentirci amati da lui come una sposa dal suo sposo, capire che lui realizza a modo suo i desideri più profondi che portiamo nel cuore , perché i desideri più grandi che abbiamo sono quelli di esse re amati e di amare, di non sentirci abbandonati ne mmeno in mezzo alle croci e nemmeno davanti alla morte. Sent ire questo è avere la vita eterna, la vita di Dio, e quindi è la nostra unica salvezza: l’alternativa è la disperazi one. Capite quanto sia importante leggere e interpr etare correttamente non solo il vangelo in generale, ma a nche in particolare i miracoli di Gesù, prima di tu tto smettendola di chiamarli miracoli o giochi di prestigio, ma di chiamarli nel modo giusto? Ora vi faccio notare un’ ultima cosa altrettanto interessante, che spiega ancora meglio e dimostra ulteriormente quanto sto cercando di spi egare. Se avete notato, non si parla mai dello sposo e della sposa, tranne alla fine, quando quello che dirigeva il banchetto chiama lo sposo per complimentarsi con lui perché i l vino servito alla fine era più buono di quello se rvito all’inizio. Ma lui, fa notare Giovanni, non sapeva che era stat o Gesù, e attribuisce il merito allo sposo. Vuol di re che lo sposo è Gesù. E la sposa chi è? E’ Maria. Notate che Gesù n on la chiama madre, ma donna, lo stesso termine che userà per chiamare la samaritana, e donna vuol dire sposa, co lei che ama lo sposo, che ama Dio. Dunque anche Mar ia è segno della nostra anima assetata di gioia e che sa solo Dio può donare il vino della gioia e glielo chiede. Ecco perché nella lettura si parla di Ester, la regina che chiese al re, suo marito, anche qui durante un banchetto, di intercedere perché gli ebrei non venissero sterminati dai persiani. I cristiani videro subito in Maria la nuova Ester che chiede al Signore la salvezza. E la brusca frase che Gesù le rivolge: “c he vuoi da me? non è ancora giunta la mia ora!”, co sa vuol dire? Vuol dire due cose. La prima è che l’ora in cui Ges ù manifesta in pienezza l’amore di Dio donandoci qu el vino che è lo Spirito è sulla croce. Però già alle nozze di Cana Gesù anticipa con questo segno quello che farà sull a croce, ecco perché è un’epifania. E la seconda cosa è un po’ pi ù difficile da capire perché la traduzione “che vuo i da me?” è ambigua e fa capire il contrario di quello che sign ifica. “Che vuoi da me” fa parte del linguaggio dip lomatico di quel tempo, e se la dicevano due alleati per ricordarsi i loro doveri reciproci. “Che vuoi da me” significa quindi: so bene cosa vuoi, vuoi che io intervenga perché senza vino non c’è gioia. Tanto è vero che la risposta di Mar ia fa capire che ella ha inteso le parole di Gesù in un senso positi vo e infatti dice ai servi: qualunque cosa vi dica Gesù, fatela! E lo ripete anche a noi adesso!