Vi propongo cinque pensieri, i primi quattro presi
da ogni singola lettura e l’ultimo dal tema della f
esta della famiglia
di oggi che è “perdonare le offese”.
Primo pensiero, dalla lettura.
Si dice che Dio benedice Giacobbe e i suoi figli c
he
daranno origine al popolo d’Israele, e che da quest
o popolo sorse un uomo mite, che udì la voce di Dio
, entrò nella
nube oscura, ricevette faccia a faccia da Dio i
suo
i comandamenti che sono leggi di vita e di intellig
enza. Quest’uomo
è Mosè, ma sono anch’io quando ascolto la Parola di
Dio. Io Dio non lo conosco, è come una nube oscura
, ma la sua
Parola me lo fa conoscere, e così sento che mi parl
a faccia a faccia e scopro che è un Dio che mi ama
e che i
comandamenti che mi da sono intelligenti, perché so
no le indicazioni per vivere bene la mia vita. E in
fatti,
eccoci al
secondo pensiero che prendo dal salmo,
l’uomo che teme il Signore è beato e trova gioia n
el seguire i suoi precetti.
L’uomo che teme il Signore non è l’uomo che ha paur
a del Signore: temere Dio vuol dire riconoscere la
sua
grandezza e quindi che davvero posso fidarmi di Lui
, e se seguo la sua Parola non vacillo, non ho più
paura, non temo
le cattive notizie, diceva il salmo, perché la sua
Parola mi dice che Lui è con me anche nel dolore e
nella morte, più di
così!
Ed eccoci al terzo pensiero che prendo dal brano di
san Paolo agli Efesini
, che è stato scelto dalla liturgia
perché parla del rapporto tra marito, moglie, figli
e genitori e oggi è la festa della Famiglia. Se io
temo il Signore, mi
fido di lui, capisco che i suoi comandamenti sono i
ntelligenti e quindi che se li metto in pratica son
o beato perché
sono fonte di gioia, allora anche il quarto comanda
mento, onora tuo padre e tua madre, non è un option
al per
essere felice, e infatti il comandamento, ricorda s
an Paolo, è accompagnato da una promessa: perché tu
sia felice e
goda di una lunga vita sulla terra. Dovremmo aggiun
gere anche l’amore per i nonni, perché a quei tempi
la vita
durava di meno. Cioè Dio dice che onorare i genitor
i allunga la vita sulla terra. Forse perché se mi p
rendo cura dei
genitori quando invecchiano gli prolungo la vita e
poi i miei figli prenderanno esempio da me e così s
i prolungherà
anche la mia vita. Onorare nella Bibbia è un termin
e che si usa di solito solo per Dio, e se si usa pe
r i genitori è perché
loro danno la vita come Dio. Onorare i genitori vuo
l dire proprio prendersi cura di loro e renderli co
ntenti perché così
facendo io riconosco che tutta la vita è un dono, e
trovo la gioia, perché io potrò anche non diventar
e mai padre, ma
figlio lo sono per sempre, e così posso riconoscere
meglio la stessa paternità di Dio. San Paolo poi e
stende questo
comandamento all’amore che deve avere il marito per
la moglie e viceversa, come quello che poi i genit
ori devono
avere per i figli. Quanto sono vere e intelligenti
queste parole di Dio. La riprova l’abbiamo sotto gl
i occhi di fronte
all’infelicità di tante famiglie sfasciate dove app
unto regnano odio e livori.
E così giungiamo al quarto pensiero che
prendo dal vangelo
che racconta il momento in cui la santa Famiglia ch
e era fuggita in Egitto perché Erode voleva
uccidere Gesù, alla morte di Erode torna a Nazaret.
E prima di questo ritorno c’era stata la strage, l
a shoà degli
innocenti. Vedete, se questo fosse solo un racconto
di cronaca ci importerebbe ben poco. In questo bra
no si vuol far
vedere la storia di Gesù come un viaggio. Gesù ripe
rcorre la storia del suo popolo che era fuggito in
Egitto, che fu
fatto schiavo in Egitto, che fu liberato dall’Egitt
o e camminò verso la terra promessa e poi venne por
tato in esilio a
Babilonia, e i babilonesi, precursori di Hitler, st
erminarono i bambini degli ebrei, come fecero prima
di loro gli
egiziani, ma poi tornarono comunque nella terra pro
messa. Cioè, questo brano rappresenta in sintesi il
dramma di
Israele e di tutti gli uomini di ogni tempo, anche
di noi. Da una parte c’è il re e dall’altra il bamb
ino: il buono è
perseguitato dal malvagio, il bene è perdente, il m
ale sempre più forte. Gesù ripercorre già da piccol
o questo viaggio,
condivide con ciascuno di noi la nostra vita diffic
ile, e sulla sua pelle prenderà tutto il male del m
ondo, anche quello
che spesso accade in tante famiglie tra coniugi, fi
gli, parenti, e che accade contro tante famiglie ch
e vengono
distrutte dalla fame, dall’ingiustizia, dalla guerr
a o inghiottite dal mare per fuggire dalla guerra.
E questo male Gesù
lo distrugge con la forza del perdono.
E così veniamo all’ultimo pensiero legato a quell’o
pera di misericordia che si
chiama “perdonare le offese”.
Nelle giornate eucaristiche di venerdì e sabato e c
he si concludono oggi, chi ha
partecipato ha potuto riflettere sulle opere di mis
ericordia corporali e spirituali, e una di queste è
“perdonare le
offese” e vogliamo oggi provare a capire come è int
elligente e come da gioia, come prolunga la vita, a
pplicarla nei
rapporti familiari. Non applicarla vuol dire autodi
struggersi oltre che distruggere gli altri. Per cui
è inutile dire: ma è
difficile. Certo che difficile, amare veramente è m
olto difficile, è più facile risolvere i problemi f
uggendo o eliminando
gli altri. Se tratto bene qualcuno fino a che lui t
ratta bene me, non è amore, è buon senso, e tutti v
orremmo che
fosse così, ma di fatto spesso non è così, per cui
avrò sempre tante cose di cui chiedere perdono io e
tante altre da
perdonare ad altri. Se io sono capace di perdonare
divento come Dio e l’altro capisce l’amore di Dio e
a sua volta
impara ad amare come Dio e diventa come Dio, e se d
iventiamo come Gesù, abbiamo in noi la vita divina
e quindi
viviamo per sempre, ma viviamo bene già adesso perc
hé solo l’amore rende felici e allunga la vita. Per
cui, difficile o
meno, perdonare le offese è intelligente, non perdo
narle è da stupidi. La scelta spetta a ciascuno di
noi. Non
dimentichiamoci però che ogni volta che veniamo a M
essa e facciamo la comunione stiamo confermando il
nostro
Battesimo, col quale siamo diventati tutti figli de
l Padre e fratelli di Gesù e quindi chiamati ad ama
re come Gesù con
la forza del suo Spirito. Adorando l’eucaristia e f
acendo la comunione stiamo dicendo: Signore, entra
in me perché io
diventi come te. E se facciamo queste cose è perché
crediamo che ne valga la pena. A meno che.... A meno
che
facciamo tutte queste cose per abitudine, per tradi
zione o senza capire davvero quello che stiamo face
ndo.