domenica 31 gennaio 2016

FESTA DELLA FAMIGLIA 2016

Vi propongo cinque pensieri, i primi quattro presi da ogni singola lettura e l’ultimo dal tema della f esta della famiglia di oggi che è “perdonare le offese”. Primo pensiero, dalla lettura. Si dice che Dio benedice Giacobbe e i suoi figli c he daranno origine al popolo d’Israele, e che da quest o popolo sorse un uomo mite, che udì la voce di Dio , entrò nella nube oscura, ricevette faccia a faccia da Dio i
suo i comandamenti che sono leggi di vita e di intellig enza. Quest’uomo è Mosè, ma sono anch’io quando ascolto la Parola di Dio. Io Dio non lo conosco, è come una nube oscura , ma la sua Parola me lo fa conoscere, e così sento che mi parl a faccia a faccia e scopro che è un Dio che mi ama e che i comandamenti che mi da sono intelligenti, perché so no le indicazioni per vivere bene la mia vita. E in fatti, eccoci al secondo pensiero che prendo dal salmo, l’uomo che teme il Signore è beato e trova gioia n el seguire i suoi precetti. L’uomo che teme il Signore non è l’uomo che ha paur a del Signore: temere Dio vuol dire riconoscere la sua grandezza e quindi che davvero posso fidarmi di Lui , e se seguo la sua Parola non vacillo, non ho più paura, non temo le cattive notizie, diceva il salmo, perché la sua Parola mi dice che Lui è con me anche nel dolore e nella morte, più di così! Ed eccoci al terzo pensiero che prendo dal brano di san Paolo agli Efesini , che è stato scelto dalla liturgia perché parla del rapporto tra marito, moglie, figli e genitori e oggi è la festa della Famiglia. Se io temo il Signore, mi fido di lui, capisco che i suoi comandamenti sono i ntelligenti e quindi che se li metto in pratica son o beato perché sono fonte di gioia, allora anche il quarto comanda mento, onora tuo padre e tua madre, non è un option al per essere felice, e infatti il comandamento, ricorda s an Paolo, è accompagnato da una promessa: perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra. Dovremmo aggiun gere anche l’amore per i nonni, perché a quei tempi la vita durava di meno. Cioè Dio dice che onorare i genitor i allunga la vita sulla terra. Forse perché se mi p rendo cura dei genitori quando invecchiano gli prolungo la vita e poi i miei figli prenderanno esempio da me e così s i prolungherà anche la mia vita. Onorare nella Bibbia è un termin e che si usa di solito solo per Dio, e se si usa pe r i genitori è perché loro danno la vita come Dio. Onorare i genitori vuo l dire proprio prendersi cura di loro e renderli co ntenti perché così facendo io riconosco che tutta la vita è un dono, e trovo la gioia, perché io potrò anche non diventar e mai padre, ma figlio lo sono per sempre, e così posso riconoscere meglio la stessa paternità di Dio. San Paolo poi e stende questo comandamento all’amore che deve avere il marito per la moglie e viceversa, come quello che poi i genit ori devono avere per i figli. Quanto sono vere e intelligenti queste parole di Dio. La riprova l’abbiamo sotto gl i occhi di fronte all’infelicità di tante famiglie sfasciate dove app unto regnano odio e livori. E così giungiamo al quarto pensiero che prendo dal vangelo che racconta il momento in cui la santa Famiglia ch e era fuggita in Egitto perché Erode voleva uccidere Gesù, alla morte di Erode torna a Nazaret. E prima di questo ritorno c’era stata la strage, l a shoà degli innocenti. Vedete, se questo fosse solo un racconto di cronaca ci importerebbe ben poco. In questo bra no si vuol far vedere la storia di Gesù come un viaggio. Gesù ripe rcorre la storia del suo popolo che era fuggito in Egitto, che fu fatto schiavo in Egitto, che fu liberato dall’Egitt o e camminò verso la terra promessa e poi venne por tato in esilio a Babilonia, e i babilonesi, precursori di Hitler, st erminarono i bambini degli ebrei, come fecero prima di loro gli egiziani, ma poi tornarono comunque nella terra pro messa. Cioè, questo brano rappresenta in sintesi il dramma di Israele e di tutti gli uomini di ogni tempo, anche di noi. Da una parte c’è il re e dall’altra il bamb ino: il buono è perseguitato dal malvagio, il bene è perdente, il m ale sempre più forte. Gesù ripercorre già da piccol o questo viaggio, condivide con ciascuno di noi la nostra vita diffic ile, e sulla sua pelle prenderà tutto il male del m ondo, anche quello che spesso accade in tante famiglie tra coniugi, fi gli, parenti, e che accade contro tante famiglie ch e vengono distrutte dalla fame, dall’ingiustizia, dalla guerr a o inghiottite dal mare per fuggire dalla guerra. E questo male Gesù lo distrugge con la forza del perdono. E così veniamo all’ultimo pensiero legato a quell’o pera di misericordia che si chiama “perdonare le offese”. Nelle giornate eucaristiche di venerdì e sabato e c he si concludono oggi, chi ha partecipato ha potuto riflettere sulle opere di mis ericordia corporali e spirituali, e una di queste è “perdonare le offese” e vogliamo oggi provare a capire come è int elligente e come da gioia, come prolunga la vita, a pplicarla nei rapporti familiari. Non applicarla vuol dire autodi struggersi oltre che distruggere gli altri. Per cui è inutile dire: ma è difficile. Certo che difficile, amare veramente è m olto difficile, è più facile risolvere i problemi f uggendo o eliminando gli altri. Se tratto bene qualcuno fino a che lui t ratta bene me, non è amore, è buon senso, e tutti v orremmo che fosse così, ma di fatto spesso non è così, per cui avrò sempre tante cose di cui chiedere perdono io e tante altre da perdonare ad altri. Se io sono capace di perdonare divento come Dio e l’altro capisce l’amore di Dio e a sua volta impara ad amare come Dio e diventa come Dio, e se d iventiamo come Gesù, abbiamo in noi la vita divina e quindi viviamo per sempre, ma viviamo bene già adesso perc hé solo l’amore rende felici e allunga la vita. Per cui, difficile o meno, perdonare le offese è intelligente, non perdo narle è da stupidi. La scelta spetta a ciascuno di noi. Non dimentichiamoci però che ogni volta che veniamo a M essa e facciamo la comunione stiamo confermando il nostro Battesimo, col quale siamo diventati tutti figli de l Padre e fratelli di Gesù e quindi chiamati ad ama re come Gesù con la forza del suo Spirito. Adorando l’eucaristia e f acendo la comunione stiamo dicendo: Signore, entra in me perché io diventi come te. E se facciamo queste cose è perché crediamo che ne valga la pena. A meno che.... A meno che facciamo tutte queste cose per abitudine, per tradi zione o senza capire davvero quello che stiamo face ndo.